martedì, ottobre 09, 2007

Ernesto


Oggi cade il quarantennale dalla morte del Che.

E' giusto, a prescindere dalla propria opinione politica, ricordare questo uomo che ha combattuto per degli ideali altissimi: l'uguaglianza, la giustizia, l'equità sociale e la libertà.

In questi giorni dove in Birmania si lotta per la libertà di un popolo oppresso da un governo militare dittatoriale più che mai gli ideali del Che risuonano potenti nel mondo libero e non.

La cosa che più mi preoccupa è che nelle giovani generazioni non esiste questa coscienza e desiderio di lottare per i propri e altrui diritti, questo desiderio di combattere contro le ingiustizie della vita sembra, utilizzando una frase del grande Capareza, che hanno un approccio sodomita della vita.

La colpa? Le colpe? Penso ai genitori della generazione del '68, alla scuola che non instaura nei giovanissimi una coscienza civica e desiderio di lottare e che non fa capire quanto è bello e importante fare tutto questo per gli altri non per se stessi come ha fatto il Che, prima di lui Ghandi e prima ancora il Cristo.

Gli ultimi, senza uso delle armi, hanno veramente rivoluzionato, chi un popolo, chi il mondo intero.

Peccato che proprio nel nome del Cristo si sono perpetuati i peggiori crimini della storia, vedi il nazifascismo nell' Europa cosiddetta cristiana, allontanandosi, rinnegando, tradendo per meglio dire i suoi insegnamenti intrisi di amore e sacrificio per il prossimo.

Come si possono travisare frasi del genere? "Ama il tuo prossimo come te stesso", "fai agli altri ciò che vuoi sia fatto a te", frasi di natura universale che superano le barriere nazionali, di religione, ceto sociale, schieramento politico etc. etc.

Per questo non bisogna mai dimenticare chi ha sacrificato la propria vita per degli ideali cosi nobili a favore degli altri.

Concludo citando una frase del Cristo che dovrebbe essere sempre impressa nella nostra mente:
"Non c'è amore più grande di questo, nel cedere la propria vita a favore dei propri amici"

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